A detta di tutti gli studiosi, Byron conobbe con Teresa una sorta di “tranquillità domestica” senza riscontri nella sua vita, scivolando pian piano dal ruolo di amante, “serventissimo” si autodefiniva, ad una sorta di legame “more uxorio” (vedi anche l’articolo dal titolo Teresa Gamba e lord Byron).
Per Teresa invece il ménage dovette essere molto impegnativo, con al piano nobile il marito e al pian terreno l’amante, che coltivava tutte le sue bizzarre abitudini, ivi compreso ospitare a palazzo in una sorta di caravanserraglio “due scimmie, cinque gatti, otto cani, una cornacchia, uno sparviero, due pappagalli e una volpe”, liberi ovviamente di vagare per le stanze.

Poi c’era il problema della piccola Allegra, la cui custodia Byron aveva rivendicato per dispetto a Claire, salvo poi “appoggiare” il suo bastardo, come la chiamava, alla prima famiglia di conoscenti, la quale appena possibile la passava a un’altra, visto anche il carattere molto difficile della bambina, peraltro del tutto giustificato dal trattamento riservatole.
Non bastasse stava montando uno scandalo terribile legato ai primi canti del Don Juan, giudicati inaccettabilmente licenziosi, mentre il governo pontificio guardava con sospetto la coppia e le sue frequentazioni.
Da ultimo il seduttore non era del tutto in disarmo se maliziosamente annotava “ho incontrato la contessa Gertrude Betti…bella donna dagli occhi neri”. Certo concludeva galantemente “stessa età di Teresa, che però è più bella”, ma lei non la prese benissimo.
In una città di provincia dove tutti si conoscevano ce n’era abbastanza per vivacizzare i salotti, innervosire le autorità e allertare un marito.
Il conte Guiccioli a questo punto – secondo alcuni per il rifiuto opposto da Byron a una richiesta di denaro o secondo altri per evitare di essere coinvolto nelle frequentazioni politiche troppo audaci dei Gamba – fu colto da un improvviso bisogno di difendere la propria dignità di marito e nell’estate del 1820 ottenne un rescritto papale che sanciva la separazione per colpa di Teresa, punto di non ritorno, cui il poeta si era ferocemente opposto. “Nonostante tutto quello che ho fatto e detto per impedirlo” annotava nel diario.
Il padre e il fratello di Teresa, nel frattempo, dovettero fuggire in Toscana per motivi politici e lei li seguì, di fatto costringendo Byron a raggiungerla. Alloggiarono dapprima a Firenze, poi a Pisa e Livorno, ma nel 1822 furono espulsi dal governo toscano, che utilizzò il pretesto di alcune risse in cui furono coinvolti, e Pietro pure ferito, per liberarsi di un gruppo poco gradito. Ripararono ad Albaro presso Genova.
La fine della relazione e la morte di Byron
Il 1822 fu funestato da due gravi lutti: ad aprile la morte, probabilmente per tifo, della piccola Allegra nel convento di Bagnacavallo, dove il padre l’aveva alla fine “sistemata” senza mai degnarla di una visita, e a luglio quella di Shelley nel naufragio della propria imbarcazione mentre rientrava da Livorno.

Nonostante le traversie la coppia sembrava vivere in buon accordo ed in relativa serenità, eppure, o forse proprio per questo, la relazione si stava sfilacciando, ma d’altra parte, qualora si escluda il complesso rapporto con la sorellastra Augusta, per Byron i tre anni condivisi con Teresa furono un record.
Per fortuna a portata di mano del poeta c’era, utile a garantirgli fama e nuovi brividi, ma anche a consentirgli di chiudere in bellezza il legame, una luminosa impresa che una giovane dama di sentimenti liberali doveva, magari obtorto collo, apprezzare: la liberazione della Grecia dall’impero ottomano.
Disinnescata l’intenzione dell’amante di partecipare personalmente all’impresa e ignorate le sue suppliche, Byron salpò da Genova, insieme a Pietro Gamba, il 15 luglio 1823.
La grande passione era però ormai finita e da quel momento sino alla morte del poeta (19 aprile 1824) le lettere per Teresa, affettuose o poco più, si diradarono e spesso era Pietro a dare notizie di Byron alla sorella. (continua)

Maria Giovanna Trenti – Miria Burani ©