Laura Gamba Ghiselli, di famiglia nobile ravennate, (per saperne di più vi rimandiamo a Laura Gamba e sua sorella) aveva sposato nel 1836 il conte pesarese Giambattista Zanucchi Pompei. La coppia visse tranquillamente a Pesaro, dove nacquero almeno tre figli, Giuseppe, Edoardo e Pietro, sino al 1850 circa, quando nella loro vita entrò Massimo d’Azeglio (1798 – 1866), che in quegli anni rivestiva l’incarico di Primo Ministro del Regno di Sardegna ed era una delle personalità di spicco della politica sabauda, anche se affermava di non sentirsi particolarmente portato per la vita pubblica. In cuor suo, se dobbiamo prestare fede ai suoi scritti, continuava a vedersi come un intellettuale prestato occasionalmente agli affari di governo, che rimpiangeva il tempo felice, in cui poteva dedicarsi solamente all’arte, soprattutto all’amatissima pittura, disciplina in cui otteneva i migliori risultati, ma anche alla scrittura. Non a caso il romanzo Ettore Fieramosca fu uno dei bestseller dell’Ottocento italiano.
Sul piano personale, aveva sposato nel 1831 Giulia Manzoni, primogenita dello scrittore, che però morì di tubercolosi nel 1834, poco dopo la nascita di Alessandra, unica figlia legittima di d’Azeglio. L’anno successivo aveva contratto un secondo matrimonio con Luisa Maumary (1810 – 1870), una parente di Enrichetta Blondel, l’amatissima prima moglie di Manzoni, ma si trattò di un rapporto infelice tra due persone con stili di vita e convinzioni inconciliabili, tanto che i coniugi evitavano persino, se possibile, di risiedere nella medesima città. Lui era un brillante uomo di mondo, molto sensibile al fascino femminile, che lo portava a legami brevi e poco impegnativi, da uno dei quali gli era nata la figlia illegittima Beatrice, mentre lei era di carattere focoso e poco propensa a tollerare la “leggerezza mondana” del marito.
Gli anni della relazione

Come e quando si inserì in questa complessa situazione familiare Laura Gamba? Non lo sappiamo con esattezza, ma ad un certo punto divenne una presenza costante e tranquilla nella corrispondenza di Massimo. Dopo la morte di quest’ultimo invece venne spesso menzionata come la “consolatrice delle tarde ore grigie”, stramba perifrasi dovuta quasi di certo alla pruderie dei primi editori, che si sono impegnati allo spasimo per nascondere i “vizi privati” del grand’uomo.
L’incontro tra i coniugi Zanucchi e d’Azeglio avvenne a Pesaro intorno al 1850, quando lo statista piemontese fu ospite dei conti Spada, Alberico e Adolfo, come ricorda una lapide infissa sul fronte del palazzo. A quel punto Laura e il marito lasciarono la città marchigiana per Torino, dove Giambattista fu attivo per ben diciannove anni presso la Reale Pinacoteca di Torino, di cui fu anche ispettore, mentre lei, come si conveniva alle “signore liberali” dell’epoca, si dedicava alle opere assistenziali, con particolare impegno verso l’istruzione popolare, giudicata il primo fondamentale passo per un’evoluzione della società.
Quando la semplice frequentazione sia diventata qualcosa di più è difficile dire, visto che i due si mossero sempre con grande discrezione, ben lontani, per toni e modi, dal tempestoso e passionale legame che aveva unito Byron e Teresa: d’altra parte Massimo era sì un intellettuale, ma anche un accorto politico e non certo un poeta maledetto.
La facciata del matrimonio di Laura, ad esempio, non ne fu mai intaccata: tra coloro che prestarono opere alla retrospettiva dei dipinti di d’Azeglio (aprile 1866), figura con due quadri – Veduta di Nervi e Mazzo di fiori – proprio il conte Zanucchi Pompei. Pochi anni dopo i coniugi Zanucchi collaborarono in perfetta armonia al restauro del cenobio di San Bartolo tra Gabicce e Pesaro, che Giambattista, nel 1869, aveva comperato a un’asta pubblica, facendone un delizioso luogo di villeggiatura.
Certamente Laura o Laurina (come spesso veniva chiamata in ambito familiare), negli anni che trascorse accanto a Massimo nelle dimore di lui, tra cui l’amatissima villa di Cannero sul Lago Maggiore, fu una figura rasserenante e rassicurante. Quando compare nella corrispondenza di d’Azeglio, scritta e ricevuta, se ne parla senza imbarazzi come persona di famiglia: esemplari le lettere scambiate con l’amico Pantaleoni, in cui è normale chiedere e ricevere notizie di lei e formulare inviti per un periodo di vacanze comuni alle due coppie “Mio caro Azeglio, […] Saremo (il Pantaleoni e la moglie) a Macerata all’agosto. Perché la Laurina non viene a prendere i bagni al Porto di Civitanova, e tu non vieni a passare un mese con noi a Macerata? Ti abbiamo fatto tante visite, che tu ce ne devi una almeno in restituzione”.
Una moderna famiglia allargata
Una relazione quieta e ragionevole, ben nota alla famiglia e alla cerchia degli amici, che non se ne scandalizzavano minimamente. Pare inoltre che non se ne spettegolasse neppure troppo: certamente non saranno mancate le allusioni, i sorrisetti, le battutine dietro il ventaglio, ma non si ha notizia di un vero e proprio scandalo, come quello che aveva accompagnato la fine del tormentato matrimonio con Luisa.

Certo Laura doveva essere persona di grande equilibrio per gestire senza gravi complicazioni una così delicata ragnatela di rapporti, che comprendeva i rispettivi coniugi, i propri figli, le figlie di Massimo, i loro coniugi e i loro figli.
Probabile che non la turbasse quella “leggerezza” di comportamento che aveva tanto indispettito la rigida Luisa, o forse il trascorrere del tempo aveva in buona parte smussato lo spirito un po’ farfallone dell’uomo. In più il suo rapporto con Massimo era per la sua stessa natura libero, basato solamente sulla reciproca volontà di frequentarsi.
Non fu però un legame superficiale, tutt’altro: quattro giorni prima di morire, sentendo di perdere progressivamente le forze per colpa di una febbre sottovalutata, di certo peggiorata da un viaggio per raggiungere Torino, incaricò proprio Laura per scrivere al vecchio amico Gustave de Reiset quella che fu l’ultima lettera in una carriera di impenitente grafomane.
A riprova che la Gamba era serenamente accettata come componente della famiglia d’Azeglio, c’è il sincero affetto che le dimostra Carolina, figlia di Alessandra e del conte Ricci di Macerata, che in una sua lettera dell’8 settembre 1882, per descrivere la grazia di una terza persona la paragona a Laura per “certe maniere ed anche in certe espressioni dolci nella fisionomia, specialmente quando ride!”.
Accettazione tanto più importante in quanto proprio i Ricci si adoperarono per salvaguardare la “reputazione” di d’Azeglio, intervenendo persino su alcuni brani delle sue opere.
Il conte Zanucchi morì prima del 1880, mentre non ci è nota la data di morte di Laura che, accanto ai successi mondani, portava in sé anche il grande strazio per la tragica fine di Edoardo, il secondogenito, morto giovanissimo nel 1855.
Foto in alto: particolare “Francesco Hayez – Ritratto di Massimo d’Azeglio ( Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)
Maria Giovanna Trenti – Miria Burani ©