Insieme a Maria Ines Fini, l’altro medico bolognese presente nel 1913 ai lavori del Congresso di pediatria, è Laura Cantalamessa, nata a Bologna il 16 dicembre 1886, da Ignazio e Giulia Cavallari.

Il padre (1856-1896), professore di anatomia patologica, primario dell’Ospedale Maggiore ed autore di numerose pubblicazioni, proveniva da un’importante famiglia marchigiana. Morì appena quarantenne per un’infezione contratta durante lo svolgimento della sua professione.

La madre (1856-1935), prima donna iscritta al Liceo Galvani, fu anche la prima laureata della Regia Università di Bologna (in Lettere con Giosuè Carducci e quindi in Filosofia) e tra le prime dell’Italia postunitaria. Insegnante, scrittrice e conferenziera diresse a Torino per oltre trent’anni l’Istituto delle figlie dei militari della Villa della Regina.

Ospizio degli esposti a Bologna in via d’Azeglio: tondo del frontone

Degli obiettivi a cui fu educata la piccola Laura, ci resta una precisa testimonianza nelle parole della madre, che afferma: “In che modo può essere dignitosa una donna? E’ dignitosa non macchiandosi mai con azioni riprovevoli, adempiendo sempre coscienziosamente i propri doveri, non vergognandosi di lavorare, non pavoneggiandosi nel beneficare, non insuperbendo nella prospera fortuna, non sconfortandosi nell’avversa; agendo, insomma, in modo da meritare costantemente la propria e l’altrui stima”.

L’infanzia e la giovinezza

Orfana del padre ad appena nove anni, frequentò le scuole primarie a Bologna per poi trasferirsi a Torino, al seguito della madre. Qui si iscrisse allo storico Liceo Massimo D’Azeglio e si laureò in Medicina nel 1911.

In quegli stessi anni si avvicinò, anche a seguito dell’amicizia con un altro giovane medico, Olga Caporali, alle idee socialiste, che aveva avuto modo di conoscere fin da bambina dalla bocca di quell’Andrea Costa, che era stato, insieme a Cavallotti, Saffi, Ferrari, Pascoli, Ciamician e Carducci, uno dei frequentatori del salotto di casa ai tempi felici di Bologna.

Ne seguirono iniziative non prive di rischi personali: da un lato seguiva il padre di Olga nelle visite domiciliari nei quartieri più poveri della ex-capitale, dall’altro aiutava concretamente, insieme a un gruppo di amiche, alcune prostitute che volevano lasciare il loro pericoloso mestiere.

Per la specializzazione in pediatria scelse Monaco di Baviera dove, durante le vacanze estive, veniva raggiunta dalla madre. Nella città tedesca le due donne tennero per alcuni anni corsi gratuiti di alfabetizzazione in favore degli emigrati italiani, iniziativa di grande spessore sociale, cui si interessò anche la stampa dell’epoca.

Tra i primi incarichi della dott.ssa Cantalamessa vi fu quello di occuparsi del gigantesco Ospizio marino Murri a Rimini, che accoglieva, per le terapie “marine” i bambini in con salute precaria e famiglie disagiate alle spalle.

Gli inizi professionali

Nel 1913 rientrò a Bologna, dove lavorò per un biennio come medico all’Ospizio degli esposti, per poi essere assunta nel 1916 al Servizio d’Igiene comunale quale dipendente provvisoria, incarico in cui fu stabilizzata nel 1922 e che tenne sino al 1956, dando un contributo fondamentale allo sviluppo delle istituzioni bolognesi per l’infanzia, ben oltre lo specifico ambito medico. Inizialmente si occupò anche dell’Ospizio Murri, una colonia marina situata a Rimini, destinata a bambini “a rischio”, segnati da una salute precaria e provenienti per lo più da famiglie in stato di povertà.

L’inizio del secolo scorso fu, infatti, caratterizzato, in tutta Europa, dall’imperversare della tubercolosi, che costituiva la prima causa di morte in età giovanile. Pur diffusa in modo trasversale, colpiva con maggiore intensità nei contesti urbani sovraffollati e dalle pessime condizioni igieniche e presso i ceti più poveri, dove all’ambiente abitativo malsano si aggiungeva una malnutrizione cronica.

Le scuole all’aperto

In assenza di cure specifiche, si svilupparono a livello europeo numerose iniziative, che puntavano a prevenire la malattia, migliorando le condizioni di vita soprattutto dei bambini, con un percorso mirato, che coniugasse la formazione scolastica ad un ambiente salubre, una nutrizione di qualità e un’adeguata attività fisica: tra le altre conobbero un grande successo le cosiddette scuole all’aperto.

Una delle più importanti esperienze italiane fu la scuola Fortuzzi, realizzata all’interno dei Giardini Margherita in luminosi ampi padiglioni dove gli alunni si “rifugiavano” solamente nei momenti di grande freddo o di tempo brutto. Grazie a un particolare tipo di banco leggero, pieghevole e facilmente trasportabile, veniva, infatti, privilegiata l’attività all’aperto, coniugando momenti di scuola tradizionale (il dettato, il far di conto) ad altri pratici, che spaziavano dall’osservazione diretta della natura a piccole iniziative come la coltivazione dell’orto.

Un momento di vita scolastica alla scuola Fortuzzi, che illustra al meglio il concetto di scuola all’aperto. La pediatra incaricata di seguire i bambini era la dott.ssa Cantalamessa.
Foto tratta dalla pagine Facebook “Scuola Elementare Fortuzzi”(https://www.facebook.com/Scuola-elementare-Fortuzzi-246587055889580)

Il delicato incarico di scegliere i bambini da inserire nell’innovativo progetto, di seguire l’evoluzione del loro stato di salute, di definire le pratiche di natura medica e igienica nonché il regime dietetico ottimale fu affidato alla dott.ssa Cantalamessa, grazie sia all’esperienza maturata sul campo sia alla formazione accademica. Già nel 1908 – ancor prima della laurea – aveva infatti dato alle stampe il volume La scuola all’aperto nel campo sanitario e sociale: collaborazione fra medico e maestro.

La prima guerra mondiale

Il conflitto, con la conseguente perdita di reddito familiare, portò ad un inevitabile peggioramento delle condizioni di vita dei ceti popolari, che si ripercosse in modo pesante sui bambini, costretti a vivere in alloggi sempre meno confortevoli con vitto scarso quando non insufficiente.

In quei terribili anni Laura seguì i figli dei richiamati, collaborando con Elena Sanguinetti, nel tentativo di garantire condizioni di vita accettabili tramite la creazione di asili situati in “locali ampi ed arieggiati con giardino e prato adatti ad accoglierne il maggior numero”. Inizialmente si registrarono 500 iscrizioni che arrivarono a ben 2.300 a fine 1919. Agli alunni, divisi in tre sezioni a seconda dell’età, venivano garantiti attività fisica, forme di istruzione o svago, assistenza medica e tre pasti al giorno: caffè e latte la mattina, minestra a mezzogiorno e merenda alle 17.

In favore dell’infanzia e dell’adolescenza disagiata

Le scelte professionali portavano continuamente Laura a contatto non solo con bambini e ragazzi malati, ma anche svantaggiati per motivi familiari e sociali: temperamento vulcanico e coraggioso cercò in ogni modo, compatibilmente con la cultura e le possibilità dell’epoca, iniziative volte a superare questi gap, di cui avvertiva la profonda ingiustizia, come ci ricorda in un suo breve scritto “la colpa di tutti gli episodi di violenza commessi dai fanciulli ricade sulla società, su noi adulti che non sapemmo vedere e non tendemmo a tempo la mano”.

Vanno inquadrati in questo percorso le classi differenziali alla Manzolini, la lotta sistematica allo sfruttamento dei minori nell’accattonaggio, l’accoglienza dei bambini provenienti dalle aree più povere del Sud, affidati alle famiglie emiliane per un periodo di recupero medico e alimentare e l’avvio di un centro di orientamento che tenesse conto delle attitudini personali.

Laura si spese moltissimo anche per riqualificare la vita all’interno del carcere minorile del Pratello, introducendo attività, lavorative e intellettuali, che impegnassero la giornata dei giovani ospiti.

La vita personale

Poco dopo il suo ritorno a Bologna, il 19 dicembre 1914, si sposò con il collega Manlio Montanari, dal quale ebbe le figlie Anna (1915) e Graziella, nata nel 1920 e morta ad appena due anni di encefalite fulminante, una cicatrice doppia per la mamma medico, che aveva salvato la vita di tanti bambini, spesso con mezzi di fortuna.

Laura Cantalamessa, vedova da molti anni, morì a Rimini il 23 marzo 1970.

A lei è oggi dedicata a Bologna una Scuola Materna.

Durante la sua lunga vita, nonostante l’attività frenetica, trovò il tempo di stendere numerosi articoli e pubblicare parecchi volumi, alcuni insieme alla figlia Anna, per lo più incentrati sulla necessità che la scuola si faccia veicolo di trasmissione di una corretta educazione sanitaria.

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